17/06/2003
Il regista di Windhorse: Per narrare il dramma del Tibet ho abbandonato i documentari - il Mattino |
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17/06/2003 |
al
17/06/2003
| Stato: Italia |
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Regione: Campania |
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Napoli Film Festival |
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Fonte: | Associazione Italia Tibet |
In Breve
(lingua: Italiano
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Paul Wagner, documentarista indipendente americano vincitore di un Oscar, per il suo esordio nella fiction con «Windhorse» pluripremiato in tutto il mondo, ha scelto la storia di tre giovani tibetani che lottano per la libertà contro il regime comunista cinese. Ed è venuto a presentarlo ieri a Napoli, a Castel Sant’Elmo, inaugurando così il «Napoli film festival», in perfetta sintonia con la mostra fotografica «Rencontre avec le Tibet».
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di: Il regista di Windhorse: Per narrare il dramma del Tibet ho abbandonato i documentari
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IL PREMIO OSCAR PAUL WAGNER AL «NAPOLI FILM FESTIVAL» Alberto Castellano
Napoli. «Dopo tanti documentari d'impegno civile sugli argomenti più diversi, io e mia moglie, che fa la produttrice, volevamo raccontare il Tibet da un'angolazione diversa. Poi l'arresto di nostra nipote Julia durante una manifestazione in Tibet mi convinse a denunciare certi soprusi. E così, in fase di sceneggiatura, coinvolgemmo lei e il suo fidanzato, esule politico tibetano a Katmandu». Paul Wagner, documentarista indipendente americano vincitore di un Oscar, per il suo esordio nella fiction con «Windhorse» pluripremiato in tutto il mondo, ha scelto la storia di tre giovani tibetani che lottano per la libertà contro il regime comunista cinese. Ed è venuto a presentarlo ieri a Napoli, a Castel Sant’Elmo, inaugurando così il «Napoli film festival», in perfetta sintonia con la mostra fotografica «Rencontre avec le Tibet». Iniziative come «La finestra sull’Oriente», la sezione del festival dedicata al Tibet, secondo lei possono avere un effetto politico?. «È molto importante far vedere documentari e opere di fiction sulla drammatica realtà tibetana, perché possono coinvolgere emotivamente molte persone e svolgere una funzione informativa incisiva. La questione tibetana è politica, ma oggi si tratta di fare i conti con la globalizzazione commerciale, con una fase di modernizzazione forzata. I comunisti cinesi hanno imposto ai tibetani regole e restrizioni, ma oggi il conflitto non può essere ridotto al rapporto tra oppressi e oppressori». Veniamo al suo Paese. Che cosa pensa della politica estera del governo Bush, al centro di così tanti documentari di denuncia? «In questo momento l'America non gode di molte simpatie tra i pacifisti, ma bisogna essere realisti e poi io ho fiducia nella capacità degli americani di difendere la democrazia». Lei è anche giurato, qui a Napoli. Ha già fatto esperienze simili? «No, è la prima volta. Mi diverte partecipare a un festival per giudicare e non per essere giudicato».
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lunedì 05 maggio 2003
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