01/08/2024
Lhasa
  Lhasa Tibet Breve

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in volo raggiungeremo Tsedang (l’aeroporto che serve Lhasa) scavalcando l’Himalaya sopra le più alte montagne del mondo. Ci inoltriamo nella valle dello Yarlung per raggiungere il Monastero di Mindoling e il Monastero di Samye il più importante del Tibet in un luogo fantastico, raggiungerlo è un 'sogno': si passa in barca il Tsang Po già ampio e maestoso, le montagne che sfiorano i 7.000 si ergono all’orizzonte; una deliziosa brezza accompagna il viaggiatore mentre i 5 chorten sulla collina rievocano l’incontro tra Padsambava ed il presuntuoso re Tritsong Detsen.

Samye è il primo tempio buddista del Tibet, costruito nel VII sec. da Padsambava. Raggiungiamo quindi Lhasa. Siamo nel cuore del Tibet, ai piedi del Potala. Verso la metà del VII sec. d.C., il sovrano Songsten Gampo scelse le «Piane di Rasa» (terra della capra) per farne il centro del suo regno. In seguito il nome fu cambiato in Lhasa «la terra degli dei», ed in confronto all’aridità dominante nel Tibet, Lhasa è senz’altro una terra benedetta, una valle ampia dove è possibile coltivare orzo e patate. La montagna la protegge dai venti freddi del nord e d’inverno raramente la neve si ferma; in estate poi non fa troppo caldo ed il monsone apporta la pioggia necessaria alle coltivazioni. Bazar e templi costituiscono lo scheletro della città: intorno ad essi si svolge il quotidiano lavoro, dominato dal Jokang.

Tre città si possono riconoscere in Lhasa: quella tibetana, che ruota intorno al Barkhor e nell’area sotto il Potala con vecchi edifici; quella più tipicamente musulmana concentrata intorno alla moschea ed infine quella cinese, con una orrenda zona industriale oltre il Norburlinka. Purtroppo quest’ultima parte sta divorando le altre due. Il tibetano è effettivamente dominato dalla religione: il Potala è l’emblema della forza, del potere, dell’ordine religioso: salendo le sue scalinate non si sente certo la sua protezione, ma tutta la sua imperiosità. Ben diversa è l’impressione che si ha entrando nel Jokang: circondato, anzi, soffocato dalle case, non dà subito un’impressione di maestosità; le preghiere continue dei tibetani dall’alba a oltre il tramonto, rivelano la spiritualità, l’umiltà, la devozione dei fedeli.

Lhasa non è comunque solo Potala o Jockang o acquisti al Barkhor, è molto più: è girare in bicicletta dalla mattina alla sera, percorrendo le stradine più strette e curiosando nelle case con infiniti tetti e terrazze; è attraversare il fiume con la barca di pelle di yak e camminare senza meta sull’altra sponda, cercando sassi e ripensando ai libri di Tucci. Tre altri siti costituiranno altrettanti «punti fermi» del giro. Intanto Ganden, la città monacale a 45 km dalla capitale, completamente distrutta durante la rivoluzione culturale ed ora in via di ricostruzione. Continueremo la nostra visita cercando di vedere quanto più possibile, il Monastero di Sera uno dei Tre Seggi fondato nel 1419 e Drepung in una valle circondata da alte montagne. Iniziamo quindi il nostro viaggio di ritorno a Kathmandu partendo in minibus per Gyantze l’atmosfera è irreale; il tempo immerso nella polvere; il Kum Bum che guarda gli uomini con distacco e impossibilità; la città laica separata da quella religiosa. Non c’è ricchezza, ma nemmeno povertà e fame: sembra che il sistema riesca a soddisfare discretamente i bisogni elementari dell’uomo.
Proseguiamo per Shigatse visitiamo il tempio Tashillampo splendido monastero che fu residenza del Panchen Lama. Deviazione per Sakya monastero di grande interesse. Passiamo per Lhatse, superiamo il passo La Pa La. Lo spettacolo paesaggistico è assicurato dalla bellezza delle montagne, dei laghi e soprattutto dall’altopiano stesso. Da Xegar è possibile raggiungere il monastero di Rongbuk. Da Rongbuck, sede del più alto monastero tibetano, raggiungeremo il campo base dell’Everest con il nostro bus. Nel pomeriggio si rienta al monastero.
L’indomani Rongbuck – Kyirong lunga tappa di trasferimento che completa il percorso dell’altipiano e che porta in Nepal. Dall’ultimo passo a 5100 metri, dove si ha una visione d’insieme della catena dell’Himalaya, si scende lungo una strada che costeggia il lago Palku tso per poi scendere in maniera repentina fino al villaggio di Kyirong posto sul confine nepalese. Si tratta del nuovo punto di confine aperto ad ottobre 2017 dopo che Zhangmu è stato chiuso a seguito del terremoto del 2015. Proseguiamo per Rasuwa alla frontiera nepalese superando un ponte e da qui si parte si fanno 130 km di strade in pessimo stato con molti pezzi non asfaltati in serata arrivo a Kathmandu.


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